Esercizio di giochi d’azzardo e organizzazione di tornei di Texas Hold’em

Avv. Patrizia Valzano,  
2014-08-14 15:53:12

Tizio è un appassionato di Texas Hold’em, un gioco molto di moda sia in internet che in televisione. Un giorno, l’uomo decide di organizzare un torneo di tale specialità in un circolo privato di sua proprietà, pur non possedendo alcuna autorizzazione da parte dell’AAMS (Amministrazione autonoma monopoli di Stato). In particolare, Tizio richiede agli iscritti il versamento di una quota di iscrizione di 10 euro con la quale si può acquistare  una quantità prestabilita di fiches da utilizzare sino ad esaurimento, in modo tale che il giocatore che riuscirà ad entrare in possesso di tutte le fiches degli avversari risulterà il vincitore del torneo. Nel regolamento viene previsto che al termine della competizione, da concludersi in due giorni, i primi due classificati vinceranno un week end in un centro benessere, pagato con le somme in denaro accumulate con le quote d’iscrizione, senza che Tizio percepisca niente come guadagno netto. Durante una partita, però arriva un controllo della Polizia, che chiude il locale e lo pone sotto sequestro per la violazione dell’art. 718 c.p. a questo punto Tizio si reca da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze della sua condotta.

Parere
La questione prospettata, in relazione alla quale si pone la necessità di stabilire se l’organizzazione di tornei di Texas Hold’Em, senza alcuna autorizzazione da parte dell’AAMS e dietro il pagamento di una quota di iscrizione di 10 euro richiesta ai partecipanti, rientri nell’ambito di operatività della fattispecie prevista dall’art. 718 cp, impone una rapida riflessione in ordine alla nozione di gioco d’azzardo. A tal fine viene in rilievo la disposizione contenuta nell’art. 721 cp che delimita non solo l’interesse tutelato (consistente nell’interesse volto ad impedire o quantomeno arginare il malcostume dei giochi d’azzardo tendente  a determinare condotte nell’individuo eticamente d economicamente dannose per sé e per la società) ma fornisce un’esaustiva nozione di gioco d’azzardo.  Alla luce di tale disposizione normativa, dunque, sono giochi d’azzardo quelli nei quali sussiste un fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria. In altri termini, affinché si possa parlare di gioco d’azzardo è necessaria la compresenza di due elementi:

  1. un elemento di carattere oggettivo, ravvisabile nell’aleatorietà della vincita o della perdita e
  2. un elemento di carattere soggettivo, individuabile nel fine di lucro dei partecipanti e degli interessati.

Più precisamente si parla di gioco d’azzardo, vietato a norma dell’art. 718 cp, quando l’abilità del giocatore ha un ruolo minimo, rispetto alla fortuna e al caso, determinanti ai fini della vincita (elemento dell’alea) e quando sussiste un fine di lucro, da intendersi come interesse ad ottenere un guadagno economicamente apprezzabile (Cass. pen. 14/11/2003, n. 8423). Ne consegue che tale ultimo elemento deve ritenersi escluso solo allorché la vincita, tenuto conto delle caratteristiche del gioco e della celerità delle partite, sia talmente esigua da assumere una valenza del tutto irrilevante. Ciò, ad esempio, ricorre nell’ipotesi in cui la vincita consista nella ripetizione di qualche partita o in una consumazione, come caffè o vivande, dal momento che esse hanno notoriamente un valore irrilevante. Esaurita la trattazione del disposto normativo di cui all’art. 721 cp, si rende opportuna un’analisi puntuale della fattispecie prevista dall’art. 718 cp. Invero, la norma in esame punisce la condotta di chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico o in luoghi privati  di qualunque specie, tiene un gioco d’azzardo o lo agevola. Si tratta di un reato avente natura contravvenzionale, nel quale il soggetto attivo può essere chiunque, venendosi a configurare come reato comune. La condotta è a forma libera e consiste nel tenere o nell’agevolare un gioco d’azzardo. Proprio con riferimento al significato di tali locuzioni . è intervenuta la Suprema Corte che in tema di gioco d’azzardo , tiene il gioco colui che compie qualsiasi attività diretta a istituire, organizzare, dirigere o amministrare il gioco stesso. Analogamente, l’agevolazione del gioco d’azzardo consiste nel facilitarlo o renderlo possibile anche mediante l’adozione di condotte di natura  meramente omissiva,il che si verifica allorquando, ad esempio, il gestore di un locale ha l’obbligo giuridico di impedire la pratica del gioco d’azzardo, sottraendosi così al suo dovere di sorveglianza. Nel caso di specie, infatti la Cassazione ha ritenuto sussistere in capo al presidente di un circolo privato, il dovere di impedire anche attraverso l’eliminazione dell’attrezzatura esistente, l’esercizio di un gioco d’azzardo nei locali dello stesso, sottolineando che la relativa inosservanza può sfociare nell’ipotesi di agevolazione. (Cass. pen 05/12/1984). Inoltre, il fatto vietato dalla norma in questione deve avvenire in un luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero in circoli privati di qualsiasi specie. Proprio il concetto di “circolo privato” ha originato una querelle di carattere dottrinale, sfociata poi in due diversi orientamenti. Secondo un primo indirizzo minoritario, il concetto di “circolo privato” includerebbe qualsiasi ritrovo di più persone regolato da norme interne e nel quale, tutte o una parte di loro, convengono di giocare d’azzardo includendovi anche ritrovi  o circoli privati di qualsiasi specie, ad eccezione delle case private. Invece, secondo orientamento maggioritario, all’interno del concetto di “circolo privato” dovrebbero ritenersi incluse anche le private abitazioni, nell’ipotesi in cui le persone vengano accolte allo specifico scopo di esercitare giochi d’azzardo. Infine, per quanto concerne la sfera psicologica del reato, la giurisprudenza è unanime nel ritenere che l’errore circa la natura (d’azzardo o d’abilità) del gioco è irrilevante in quanto si tratterebbe di errore sulla legge penale.
Venendo al caso de quo si tratta di stabilire se l’organizzazione ad opera di Tizio di tornei di Texas Hold’Em, sia pure in assenza di autorizzazione dell’AAMS e dietro la richiesta di una quota di iscrizione di 10 euro ai partecipanti, integri il reato di esercizio di gioco d’azzardo. Sul tema si è espressa la Cassazione, la quale ha statuito che l’organizzazione di tornei di Texas Hold’Em non integra il reato di cui all’rt. 718 cp, in quanto qualora l’organizzazione assuma la forma del torneo e ove la posta in gioco sia costituita esclusivamente dalla sola quota di iscrizione, devono considerarsi giochi di abilità e non di azzardo (Cass. pen 12/10/2011, n043679). La predetta pronuncia trae spunto dalle concrete modalità attraverso le quali si  svolgono i tornei di Texas Hold’Em, che si configura come variante del poker sportivo non a distanza e che sembrano ricalcare integralmente le modalità di organizzazione del torneo ad opera di Tizio. Orbene, la Corte pur ritenendo pacifico che il poker tradizionale è riconducibile nel novero dei giochi d’azzardo in quanto l’elemento dell’alea assume maggiore rilevanza rispetto all’abilità del giocatore, si è soffermata sulle caratteristiche della variante rappresentata dal Texas Hold’Em. All’interno di tale variante del poker tradizionale, l’organizzazione del gioco avviene sotto forma di tornei per partecipare ai quali, i partecipanti versano una quota di iscrizione e la possibile vincita viene individuata in un premio generalmente in natura come avviene nel caso di specie, nel quale ai partecipanti viene richiesto il versamento di una quota di iscrizione, pari a 10 euro e il premio previsto consiste nel trascorrere un week end in un centro benessere, pagato con le somme accumulate con le quote di iscrizione. Inoltre, è prevista l’assegnazione ai partecipanti di un uguale numero di gettoni, nonché l’impossibilità di rientrare in gioco acquistando un’altra quota di iscrizione. Pertanto, sulla base di tali presupposti e tenuto conto che la particolare tipologia di gioco richiede abilità, psicologia e resistenza (tutte caratteristiche che appaiono preminenti rispetto all’elemento aleatorio), la Suprema Corte ha escluso la ricorrenza degli elementi costituitivi del gioco d’azzardo. Per tali motivi, sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte e condividendo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, deve ritenersi che la condotta realizzata da Tizio non è sussumibile nell’ambito della fattispecie descritta dall’art. 718 cp, a nulla rilevando, altresì, la mancanza dell’autorizzazione da parte dell’AAMS (richiesta solo per l’organizzazione di tornei on line su determinati siti internet) e non sussistendo i requisiti per procedere al sequestro dell’immobile.





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